Scritto a soli diciannove anni da Mary Shelley, Frankenstein o il moderno Prometeo non è soltanto il capostipite dell’horror fantascientifico, ma anche una profetica anticipazione delle ansie contemporanee sul destino dell’ambiente: a questo classico della letteratura occidentale OHT – Office for a Human Theatre ha dedicato Frankenstein, l’ultima produzione della compagnia, che arriva a Milano con una versione site-specific, in collaborazione con Threes Productions negli spazi di Assab One, sabato 4 e domenica 5 maggio, all’interno del programma della seconda edizione del Festival internazionale di teatro Presente Indicativo | Milano Porta Europa organizzato dal Piccolo Teatro.
Con Frankenstein, OHT si misura per la prima volta con un classico restituendo nella sua versione quello stesso corto-circuito che sta all’origine della creatura, invitandoci a fare i conti con quello che siamo soliti omettere alla vista e consideriamo mostruoso.
Nel 1816 l’eruzione del vulcano Tambora – la più potente mai registrata – generò la più grande anomalia climatica della storia, l’Anno-Senza-Estate, causato dalla nebbia sulfurea del vulcano che, offuscando la stratosfera, abbassò le temperature, provocò violenti temporali e carestie in Europa, Nord America e Asia. È questo il contesto in cui viene pubblicato Frankenstein, che dunque non è solo un’icona letteraria ma una reazione; in quel clima distopico, infatti, una compagnia di giovani intellettuali, rinchiusi a causa del maltempo a Villa Diodati sul lago di Ginevra, si cimenta nella stesura di un racconto del terrore su invito dell’ospite Lord Byron.
Filippo Andreatta, che dal 2008 con OHT si dedica all’esplorazione dei rapporti fra teatro, paesaggio, architettura e ambiente, parte da questa suggestione e, nella sua lettura scenica, fa muovere la creatura del dottor Frankenstein in un primordiale paesaggio da cui emerge la superbia dell’uomo nel voler manipolare il corpo, la vita e le leggi della Natura. Nella messa in scena, i paesaggi esteriori si confondono con quelli interiori, gli strapiombi del Monte Bianco diventano vertigini intime, e luoghi inaccessibili delle Alpi accolgono questa creatura inafferrabile che progressivamente impara a conoscersi. Il demone e il paesaggio diventano tutt’uno mentre Victor Frankenstein non sembra più in controllo di ciò che lo circonda.
Nello spettacolo di OHT, Frankenstein rivela il suo carattere di romanzo di formazione e, per la prima volta, il mostro parla come artefice del nostro immaginario, nostro concittadino, nostro pari mostruoso, rivelandosi come un bambino a cui appaiono i primi colori, le cui mani iniziano ad afferrare, le cui labbra articolano le prime parole.
Questa nuova produzione di OHT si muove dall’esperimento del dottor Frankenstein e opera affondi nel testo: il romanzo di Shelley diventa materiale da esaminare, sezionare, ricucire: un corpo disponibile per esperimenti scenici, nello stesso tempo spettacolo, reading session, installazione, radiodramma e album musicale, parti di un’unica sperimentazione che avanza nel romanzo e ne indaga le ramificazioni.
ph. Giacomo Bianco, Andrea Macchia