In una cornice d’eccezione alle porte del Parco Massari di Ferrara, apre Spazio Antonioni, un’esposizione permanente dove esplorare le preziose testimonianze del lavoro del Maestro “che ha valicato i confini del cinema”, nelle parole di Wim Wenders, e “poeta del nostro mondo che cambia” secondo Scorsese. Un museo vivo che invita a riscoprire l’originalità e l’attualità dell’opera del grande regista ferrarese, tra cimeli, fotografie di scena, affiche, sceneggiature e frammenti di intramontabili pellicole tra cui Blow-Up, L’eclisse e Zabriskie Point, disseminati sui due piani dell’ex Padiglione d’Arte Contemporanea di Palazzo Massari, completamente ridisegnati dallo studio internazionale di architettura Alvisi Kirimoto.
In quella che può ora definirsi la “casa di Michelangelo”, come suggerisce la moglie Enrica Fico, non mancano nemmeno fotografie, disegni e dipinti realizzati dallo stesso Antonioni, e ancora, i suoi libri e i suoi dischi, i premi e l’epistolario intrattenuto con i maggiori protagonisti della vita culturale del secolo scorso, da Roland Barthes a Umberto Eco, da Federico Fellini ad Andrej Tarkovskij.
Un patrimonio proveniente dall’Archivio Antonioni, costituito da oltre 47.000 pezzi, arricchito, tra le altre cose, da opere visive che hanno ispirato i film, a partire dal lavoro di maestri italiani come Giorgio Morandi, Filippo de Pisis o Alberto Burri.
In dettaglio, il percorso museale si sviluppa cronologicamente ripercorrendo le stagioni del cinema di Antonioni lungo tutto il secondo Novecento: dagli esordi nell’ambito del neorealismo al superamento di questa stagione con i film di cui è protagonista Lucia Bosè, fino alla “trilogia della modernità” legata a Monica Vitti (L’avventura, L’eclisse, La notte), quindi l’avvento del colore ne Il deserto rosso, e poi “la conquista del West” con le pellicole angloamericane testimoni dell’esplosione della cultura pop e hippy – Blow Up e Zabriskie Point –, e l’evasione africana in Professione: reporter, per concludere con “il ritorno in Italia” e le opere che recuperano il legame con le radici.
Un capitolo a parte è riservato alla produzione pittorica del regista e agli spettacolari paesaggi onirici delle Montagne incantate. Infine, un ampio spazio polivalente è dedicato a rassegne, incontri, esposizioni dossier nello spirito del dialogo tra le arti.
Spazio Antonioni: l’architettura firmata Alvisi Kirimoto
Il progetto architettonico prevede un percorso espositivo chiaro, fluido e dinamico che ricorda uno dei piani sequenza del regista. La definizione dello spazio parte dal progetto curatoriale di Dominique Païni, già direttore della Cinémathèque Française, che prevede il frazionamento in aree tematiche, adatte a un pubblico eterogeneo di turisti, cineasti, studenti e semplici appassionati. Al piano terra cinque setti monolitici scandiscono i capitoli del racconto per culminare nelle sale immersive dedicate ai film di Antonioni.
Al progredire dell’esperienza corrisponde il climax cromatico in scala di grigio delle pareti che plasmano uno spazio astratto, richiamando le atmosfere ricercate dal regista nei suoi film. Un altro tema centrale, analizzato all’inizio del percorso espositivo e riportato in ambito progettuale, è il legame di Michelangelo Antonioni con la città di Ferrara.
Per sottolineare questo rapporto, gli architetti hanno scelto di riaprire le bucature esistenti dell’edificio originale e di mettere gli interni del museo in diretta connessione con la città. Al primo piano, un’“esplosione spaziale” innescata da pannelli che traslano e ruotano consente di modulare la grande sala, aperta e versatile, in base alle diverse necessità funzionali della programmazione museale. All’estremità di ciascun piano, sono state realizzate due salette con attrezzature audio d’avanguardia, dedicate alla proiezione di film citati lungo il percorso.
A completare il progetto, con il fine di integrarlo nel tessuto urbano, sono state ripensate anche le aree esterne, concepite come il naturale prolungamento degli interni in linea con la rinnovata permeabilità del museo.
ph. allestimento: Marco Cappelletti
Tutte le opere appartengono a Ferrara, Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, Archivio Michelangelo Antonioni