Douglas House: il coworking londinese 2.0 dal design materico

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Come dovrebbe essere il workspace del futuro? A proporne una lettura lungimirante, dinamica e orientata all’individuo è il progetto sinergico di Note Design Studio e TOG (The Office Group) che ha ripensato un edificio londinese sviluppato su sei piani e dislocato in Great Titchfield Street con l’obiettivo di renderlo un inappuntabile coworking.

Douglas House – questo il suo nome – intende infatti rappresentare un luogo di lavoro in cui le persone possano sentirsi stimolate da un ambiente capace di aumentarne la produttività e il benessere. Proprio la consapevolezza di quanto architettura, emozioni e rendimento siano fattori strettamente connessi e proporzionali è alla base del concept progettuale che ha guidato il team di architetti svedesi nella definizione di spazi atti a sorprendere e coinvolgere la mente dei propri fruitori, sferrando loro quello che Note chiama “un pugno gentile”.

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Il complesso, risalente agli anni ’30, era originariamente destinato a spazi ufficio dal carattere funzionale ma ben poco accattivanti. L’architettura post-bellica di Douglas House ha dunque rappresentato una sfida per i progettisti che avrebbero dovuto conferire alla struttura una forte identità, consentendole così di distinguersi in mezzo ai suoi vicini più spettacolari nell’area di Fitzrovia.

L’intuizione per il raggiungimento dell’obiettivo è arrivata dallo studio dei materiali, ingredienti fondamentali per la resa estetica del progetto, senza trascurarne le performance. Ne è esempio emblematico la caratteristica parete curvilinea in blocchi di vetro che corre lungo tutta l’estensione del piano terra: basata sull’idea di una linea disegnata a mano, questa sezione concorre a donare maggiore luminosità, trasparenza e apertura alla metratura, suddivisa in tre “stanze” dai due nuclei scala dell’edificio. Oltre a creare un collegamento visivo e materico tra le zone, la parete dalla forma sinuosa e irregolare modella anche il perimetro delle sale riunioni sul lato opposto, plasmando così layout sempre differenti.

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Il muro marca anche una variazione nella palette cromatica degli interni, con toni neutri e caldi a contrassegnare gli spazi comuni e le aree relax, mentre tonalità più fresche e morbide sono state utilizzate nelle sale riunioni e nelle aree di lavoro dove è richiesta concentrazione e attenzione. Si aggiungono poi accenti di colore primario su vivaci divani e poltrone, lampade sospese e audaci sgabelli verniciati.

Lo schema materico complessivo che contraddistingue il progetto si basa fortemente su finiture naturali, quali frassino in varie declinazioni, noce e terrazzo. Grande attenzione è stata inoltre posta al tema del recupero conservativo, laddove possibile, delle superfici preesistenti, a cui sono stati abbinati in aggiunta materiali riutilizzabili in futuro, tra cui acciaio, vetro e ceramica, mentre negli spazi ad alto traffico o usura che avrebbero richiesto l’utilizzo di materiali plastici, il team ha optato per la gamma di rivestimenti e pavimenti Tarkett iQ, riciclabile al 100%. Orientata alla sostenibilità è anche l’installazione di pannelli solari e di un tetto verde biodiversificato.

In linea con il concetto di “pugno gentile” Note ha puntato su sorprendenti contrasti anche tra l’esterno e l’interno: la facciata dell’edificio appare ripetitiva e simile a una griglia, dentro si vive invece un’esperienza complessivamente più ricca, fluida e meno prevedibile che inizia di fronte a un’ampia reception con rivestimento in radica blu ALPI Sottsass.

La massiccia presenza di opposti non viene tuttavia pensata dagli architetti come scontro tra antagonisti bensì come interessante mescolanza di tratti diversi ma fortemente connessi e armonici. Alcune peculiarità della facciata, tra cui i dettagli in ferro, hanno agito ad esempio come stimoli catalizzatori per la realizzazione del design degli interni mentre il colore dei mattoni è stato il trampolino di lancio per lo sviluppo della palette cromatica indoor. E ancora, il rigore esterno è controbilanciato internamente anche da una serie di opere d’arte che ravvivano l’atmosfera.

Accanto alle prerogative di un ambiente di lavoro al passo con i tempi – dalla presenza della palestra ad una terrazza conviviale sul tetto e 20 sale riunioni – Douglas House include anche una serie di aggiunte più innovative, tra cui una “recharge room” per momenti di pausa durante la giornata lavorativa, una “oxygen room” colma di piante in cui riconciliarsi con la natura, uno spazio di lavoro flessibile con caffetteria e una stanza dedicata all’allattamento.

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ph. Simon Bevan