Intervista ad Andrea Campani, Executive Chef de “Il Borro”

andrea campani chef il borro

Abbiamo avuto il piacere di andare a trovare Andrea Campani, Executive Chef non solamente dei ristoranti all’interno del Relais & Châteaux di Ferragamo a San Giustino Valdarno (Osteria del Borro, Il Borro Tuscan Bistro e VinCafé) ma anche dell’autentico format Il Borro Tuscan Bistro, che conta oggi 5 locali. l territorio de Il Borro si estende molto oltre il suggestivo borgo medioevale e copre un’area di 1100 ettari biologici.

All’interno di questa vasta tenuta, attraverso meticolosi interventi di recupero architettonico, vengono regolarmente riscoperti antichi casali, donando loro nuova vita. Abbiamo approfondito con Andrea l’importanza delle coltivazioni dell’orto nella loro cucina, il ruolo dell’autosufficienza produttiva, l’influenza dell’ambiente di lavoro e del design nella creazione di un’esperienza culinaria unica e di come promuovere scelte sostenibili e rispettose dell’ambiente non comporti rinunce alla creatività e all’innovazione.

il borro relais toscana

Il Borro nasce come azienda agricola. Quanto sono importanti ancora oggi le coltivazioni dell’orto nella vostra cucina? 

Sin dalle origini come azienda agricola ad oggi, le coltivazioni del nostro orto continuano a svolgere un ruolo cruciale. Forniscono ingredienti freschi, di altissima qualità e a chilometro zero, che vengono utilizzati nei nostri ristoranti per creare piatti eccezionali. Poter pianificare e curare direttamente la nostra produzione ci consente di avere il pieno controllo sulla filiera, garantendo la massima qualità e salute dei prodotti che serviamo ai nostri ospiti. Inoltre, l’orto ci offre un’opportunità straordinaria, poiché i prodotti stagionali e freschi diventano una fonte inesauribile di ispirazione per le nostre creazioni gastronomiche.

La struttura segue un processo di autarchia produttiva producendo da sé non solo olio, farine, verdure, alcuni tipi di carne, aromi, vino, olio, ma anche quanto serve per l’elettricità e per i materiali, oltre a impiegare maestranze locali. Quanto di tutto questo si riflette nella cucina? 

Oggi, al Borro, utilizziamo oltre il 70% dei nostri prodotti interni. Nel corso degli anni, abbiamo visto una trasformazione significativa, aumentando l’uso di vegetali rispetto a quando abbiamo iniziato, 10 anni fa. Abbiamo allevamenti dedicati a scopi specifici, come le galline per le uova fresche, le pecore per il formaggio. Inoltre le farine dei nostri grani non modificati costituiscono la base del 90% della nostra produzione di pane e pasta. Il menu si adatta alla stagionalità dei prodotti interni. Stiamo anche svolgendo ricerche per sviluppare nuove varietà, come il sedano bianco, la zucchina fiorentina, un tipo particolare di ciliegia locale. Questa filosofia stimola sia la ricerca, che opportunità educative per i giovani che vogliono apprendere da noi e fare un percorso.

Cosa c’è alla base della scelta della grande cucina a vista dell’Osteria del Borro?

La caratteristica di tutti i nostri ristoranti è quella di avere la cucina a vista. L’idea è stata quella di avere la massima condivisione con tutte le persone che vengono a trovarci. Un senso di ospitalità vera e autentica, come quella che si trovava nelle vecchie case di campagna dove c’era una grande cucina aperta e gli ospiti erano immersi in tutto l’ambiente. Nonostante la visibilità, i membri della cucina rimangono focalizzati sul loro lavoro, mantenendo uno standard elevato. Questo approccio ci consente di mostrare l’arte culinaria che si svolge dietro le quinte, suscitando curiosità e apprezzamento da parte dei nostri ospiti. Inoltre, la cucina a vista favorisce l’interazione e la comunicazione diretta tra chef e clienti.

Cosa vuol dire per lei “attenzione ai dettagli”?

Noi non facciamo una cucina che di primo impatto si può definire di ricerca. La nostra è una cucina contemporanea, ma tradizionale. Autenticità, etica, sostenibilità sono alla base. Per noi, “attenzione ai dettagli” significa che ogni minimo elemento – dalla foglia per la guarnizione fino al momento in cui mettiamo il filo d’olio – conta e contribuisce alla creazione di un’esperienza. Ogni scelta va su questa linea, da come è stata disegnata la cucina al piatto finale.

il borro toscana

In termini di impiattamento, potremmo parlare di “architettura del cibo”? Quali criteri segue per la composizione di ogni portata?

La struttura è importantissima per facilitare la consumazione ma soprattutto per far apprezzare al 100% l’armonia di un piatto. Stiamo attenti alla parte croccante, alla parte morbida, a dare una base solida dove appoggiare l’ingrediente principale, girando intorno con altri elementi per valorizzarlo. Si può parlare addirittura di architettura del cibo, anche se è la semplicità che riesce a dare la massima armonia.

Un suo segno distintivo, se c’è, e che cosa non dovrebbe mai mancare sulla sua tavola?

Due elementi fondamentali sono l’olio e le erbe aromatiche. Da qui si parte con una ricerca del prodotto locale, rappresentativo del territorio e della stagione.

il borro toscana relais

L’Osteria del Borro nasce all’interno di un bellissimo Relais Château con 38 suites e 3 ville circostanti che vengono affittate. C’è qualcosa di diverso nella ristorazione ricettiva piuttosto che in quella dei ristoranti tradizionali?

Dobbiamo tenere in considerazione diversi aspetti. Dal punto di vista filosofico ci teniamo a trasmettere quella che è la nostra idea di cucina, di territorio, di ospitalità. Ma bisogna anche tener conto degli ospiti e delle loro abitudini, in un ambiente come il nostro dove ci sono tre ristoranti aperti per tutto il giorno e si incontrano culture diverse. Non facendo cucina internazionale dobbiamo essere bravi a portare avanti la nostra identità. Riuscire a dare una sensazione di comfort. Un esempio? Molti dei nostri ospiti erano abituati a consumare salmone per colazione, ma abbiamo deciso di adottare un’alternativa sostenibile, introducendo al posto del salmone la trota. Una scelta consapevole che ci consente di offrire un’opzione salutare e rispettosa dell’ambiente ai nostri ospiti, che hanno apprezzato molto.

Per connotare gli interni che accorgimenti avete usato?

Abbiamo adottato una combinazione di colori ispirati alla vera campagna toscana, ma con tocchi contemporanei. Essendo la proprietà di una famiglia importante come i Ferragamo, era essenziale rappresentare il loro stile in modo coerente. Utilizziamo tonalità come il tortora e il corda, che si armonizzano con l’ambiente circostante. Inoltre, abbiamo lasciato le travi a vista ma le abbiamo ridipinte con un colore chiaro, per creare un’atmosfera accogliente e luminosa. Abbiamo completato il restauro nel 2013 e ogni anno apportiamo piccole modifiche per mantenerlo al passo con i tempi.

Lei è Executive Chef non solamente dei ristoranti all’interno della Tenuta ma anche dell’autentico format Il Borro Tuscan Bistro, che conta oggi 5 locali di cui uno a Dubai e uno di recente apertura a Londra. Cosa conservano del Borro di San Giustino Valdarno, gli altri ristoranti? E a livello di interior design c’è un filo conduttore che lega tutti i locali?

Rischierò di essere ripetitivo, ma l’autenticità è l’ingrediente segreto di questo brand. Tutti i nostri locali sono accomunati dallo stesso stile. Abbiamo aggiustato alcune tonalità e alcuni rivestimenti. Ad esempio, a Creta, dove abbiamo una terrazza sul mare, dobbiamo fare i conti con la presenza del sale marino, quindi abbiamo scelto alcuni materiali che possono resistere a questa sfida. A Dubai abbiamo adottato un’estetica leggermente più chiara, in quanto il locale dispone di una grande finestra e non ha pareti. A Londra, invece, abbiamo utilizzato una tonalità di legno giù scura. Piccole differenze che passano praticamente inosservate. Anche le cucine dei nostri ristoranti sono tutte uguali, tutte realizzate dallo stesso architetto e ci siamo affidati allo stesso fornitore italiano, Marrone.

Esiste un concetto che può catturare l’essenza della cucina italiana, un tratto particolare che la identifica?

La fragranza. Racchiude freschezza, delicatezza, leggerezza, tutte in una parola sola. Pensiamo semplicemente a un filo d’olio messo sul pane arrostito…

Avendo un occhio aperto sul mondo, qual è secondo lei l’evoluzione del food design?

Si andrà sempre di più alla ricerca della semplicità e della verità nei piatti e nella cucina, che stupirà proprio per questo.