L’abitazione come spazio dell’intimo, da esperire se propria o sogguardare con curiosità se altrui, ma anche come campo di sperimentazione stilistica, funzionale e artistica, è al centro della mostra NELLE CASE. Interni a Milano 1928-1978 promossa da FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ETS e ospitata fino al prossimo 16 marzo 2025 negli ambienti della storica Villa Necchi Campiglio, nel cuore della città meneghina.
Curata da Enrico Morteo, architetto, critico e storico del design, e Orsina Simona Pierini, Professore Ordinario in Composizione Architettonica e Urbana presso il Politecnico di Milano, con l’allestimento di Daniele Ledda, l’esposizione nasce dall’omonimo volume, recentemente pubblicato da Hoepli, che racconta la storia dell’abitare milanese con uno sguardo dall’interno e sugli interni di case straordinarie, progettate tra gli anni Trenta e Settanta, e talvolta anche abitate, da alcuni tra i più grandi architetti italiani, a cominciare proprio da Villa Necchi Campiglio, realizzata da Piero Portaluppi nel 1932.
Non una mostra tradizionale, ma un’occasione per rileggere un prolifico capitolo della storia dell’architettura italiana, sbirciando le stanze di celebri dimore in un percorso di voyeurismo architettonico, svelando interni riservati, perduti o quasi inaccessibili al pubblico, che raccontano anni di cambiamenti estetici e sociali.
Ci si addentra così in spazi domestici che spesso “eccedono la funzionalità, diventando emozionali”, nelle parole di Morteo, attraversando decadi e stili, passando dal pauperismo degli anni ’50 all’irruzione dell’arte con Viganò e Sottsass. Arte che, racconta Pierini, “non si limita più ad accompagnare le pareti ma diventa un’espressione compositiva dell’appartamento stesso.”
In mostra è gran parte del contenuto del libro NELLE CASE – MILAN INTERIORS 1928-1978, esito di una estesa e sistematica ricerca avviata nel 2018 dagli stessi autori della mostra, che ha raccolto e preso in considerazione oltre 300 interni, di cui 200 pubblicati e molti ordinatamente rappresentati nell’allestimento.
Con leggii ricolmi di album sfogliabili, grandi formati fotografici che consentono un’immersione nella grafica e nei disegni, e podcast con la guida in viva voce dei curatori, il percorso si snoda tra suggestioni visive e approfondimenti architettonici che incuriosiscono e ispirano. Tra i temi indagati: “reinventare la storia”, “la mano dell’architetto”, “le camere dei ragazzi”, “la casa è un quadro” e “abitare a colori”, che, ad esempio, estrae da alcune delle case in mostra le palette di colori scelti per spazi, arredi e decori.
Con i tanti materiali d’archivio, le fotografie e i disegni, per lo più provenienti dall’archivio di Domus, l’esposizione restituisce allora un paesaggio abitato, in cui ritrovare le forme e i modi di una città, Milano, impegnata ad inventare il proprio futuro, rielaborando le tracce del passato. Un percorso che intreccia luoghi privati e ritualità collettive, progetto e design, cultura e costume, muovendosi tra il canone dell’architettura e molteplici celebri biografie individuali, da Piero Portaluppi a Nanda Vigo, da Luigi Caccia Dominioni a Salvati e Tresoldi, da Gio Ponti a Joe Colombo, svelando, e così soddisfacendo un certo voyerismo da addetti ai lavori ma non solo, l’intimità domestica da loro e per loro stessi realizzata.